


DI MARCO VS CASTRICONE: QUANDO LE PRIMARIE FANNO MALE AL PD
Constatiamo in questi giorni che le più autorevoli redazioni hanno inondato di fiumi di inchiostro le pagine dei quotidiani locali, per informarci della querelle sulle elezioni primarie del PD, tenutesi domenica 17 gennaio, finalizzate ad eleggere il nuovo segretario provinciale del partito erede delle spoglie dell'ex partito della Margherita e dell’ex Partito Democratico.
Come da pronostico, le elezioni hanno sentenziato un risultato di sostanziale parità fra i due pesi massimi del partito, cioè Antonio Di Marco ed Antonio Castricone, due giovani promesse della politica abruzzese di cui ho il piacere di coltivare amicizia personale e le cui doti amministrative non sono messe in discussione.
Certo, lo scarto di una manciata di delegati fra i due, sta ponendo in forte imbarazzo sia i vertici abruzzesi sia quelli romani che, probabilmente a causa di uno statuto sin troppo aleatorio sull’argomento, non sanno come districare questa complicata matassa.
Sia che si voglia risolvere il problema con un’assemblea dei delegati (soluzione che darebbe ragione ad Antonio Di Marco), sia che si voglia tenere buoni i risultati del primo turno (in questo caso l’avrebbe vinta Castricone), questo esercizio di democrazia tutto di sinistra, produrrà, senza dubbio, una profondissima lacerazione nel partito che mai come in questo momento dovrebbe puntare a rimettere insieme i cocci prodotti dalle batoste elettorali subite quasi ovunque.
Da quanto leggo, i giganti del PD Regionale del Pescarese, ovvero i miei amici Luciano D’Alfonso e Donato Di Matteo, unitamente all’altro pezzo da novanta Ezio Di Cristofaro, si guardano bene dall’esporsi mediaticamente nella vicenda, atteso che, come vada vada, tutti o quasi usciranno politicamente vulnerati da questa vicenda.
Deduco da ciò che il tanto sbandierato utilizzo dello strumento americaneggiante delle primarie, funziona esclusivamente quando bisogna impalmare il solito leader indiscusso che viene messo a confronto con una testa di legno, quest'ultima messa lì in competizione con l’unico compito di consacrare il solito vincitore già conosciuto dall’inizio (vedi esperienza Veltroni).
Per contro, quando si confrontano veri candidati, oltre che ai soliti livori prodotti dalla competizione elettorale (cosa normalissima e oserei dire democratica) , ciò tende a produrre spaccature, fuoriuscite precoci dal partito, creazione di correnti riottose se non addirittura drastici cambi di direzione politica da parte di molti “Re rimasti senza Regno”.
D’altro canto, anche se non si può sostenere che nel PdL Pescarese tutto vada benissimo, quanto meno la scelta del migliore (o presunto tale) avviene senza spargimenti di sangue, forsanche perché, ad oggi, non si detiene ancora ha una classe dirigente consolidata sul territorio, certo è che i livori e le guerre interne sono molto meno accentuate.
Auguro al segretario Regionale del Partito Paolucci, che domani si recherà a Roma per risolvere “il sinistro problema“, di essere corroborato al meglio nella scelta dai suoi vertici capitolini, sicuramente però costoro non potranno sollevarlo dall’inevitabile, cioè una enorme emorragia di consenso nel PD pescarese e probabilmente anche qualche illustre fuoriuscita.
Buona vita a tutti.


